“L’80% degli italiani è proprietario di un immobile”. La frase ormai è mantra nelle riflessioni sul reale tasso di indebitamento del Paese e nelle disquisizioni sulle attitudini di investimento degli italiani. Ciò che si omette di dire è che nei grandi centri urbani la percentuale scende al 65% e che una parte significativa di questi proprietari è mensilmente oberata da un mutuo. In sostanza, è titolare della propria casa solo virtualmente o, quantomeno, in “coabitazione” con la finanziaria che ha concesso il credito.
I dati Acer 2018 riferiti alla Capitale individuano 57.000 famiglie in disagio abitativo, 14.000 residenti negli immobili occupati, 10.000 appartamenti di edilizia residenziale pubblica occupati (con 14.000 domande in graduatoria). Gli sfratti esecutivi sono 7.000 l’anno, l’80% dei quali per morosità incolpevole. Un quadro che fotografa con chiarezza la gravità della questione casa e l’urgenza di un intervento deciso e radicale da parte della prossima amministrazione comunale.
Le dinamiche del mercato immobiliare non incrociano più, da tempo, i bisogni di una domanda alloggiativa sempre più complessa e articolata, che l’assenza di una adeguata politica pubblica non ha fatto che peggiorare. Complici i processi di finanziarizzazione che hanno interessato il settore, negli anni la forbice tra immobili pubblici destinati a redditi bassi e bassissimi e mercato libero di proprietà a prezzi inaccessibili si è allargata a dismisura. Il risultato è stato il sacrificio di un crescente segmento di domanda – peraltro potenzialmente dinamico e propulsivo in termini socio-economici – privato di soluzioni congrue alle proprie possibilità di spesa e sospinto verso condizioni di sostanziale impoverimento. Anche oggi, nella Capitale, quote sostanziose di ceto medio vivono nel timore di un declassamento, si sentono scivolare verso uno stato di povertà, solo a fatica arrivano alla fine del mese, per citare le parole di qualche anno fa del sociologo Franco Ferrarotti.
Ma alla problematica abitativa si può rispondere. Innanzitutto predisponendo un piano di riqualificazione degli edifici residenziali esistenti e il recupero e la conversione di quello non residenziali a fini abitativi. Anche il patrimonio pubblico offre una grande quantità di strutture inutilizzate utili a questo scopo. Una simile strategia può inserirsi all’interno di un disegno ancora più ambizioso, ovvero di radicale trasformazione e rilancio di intere aree della città, anche approfittando della grande opportunità offerta dai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e dalle agevolazioni disponibili per il risparmio energetico.
Parallelamente, è necessario intervenire sul mercato dell’affitto, abbandonando la presunzione – peraltro in contrasto con tendenze socio-economiche in atto ormai da un ventennio – che costituisca un settore marginale, per allargare il segmento intermedio dell’offerta tra canone sociale e di mercato, in risposta alle esigenze attualmente insoddisfatte. Una strategia di questo tipo, tra l’altro, contribuirebbe a calmierare il livello medio dei prezzi.
Occorre poi abbandonare approcci dicotomici per stimolare, piuttosto, la diffusione di una formula di tipo misto in cui iniziativa privata, settore del no-profit e mano pubblica concorrano a garantire locazioni a prezzi accessibili. Procedendo, parallelamente, nella realizzazione di una nuova edilizia popolare, attenta ai nuovi standard di sostenibilità e regolata secondo criteri che la sottraggano, nelle modalità d’uso, alle tradizionali rigidità. Infine, devono essere studiate forme di incentivo ai privati che affittano a prezzi di mercato così come interventi di sostegno a specifiche categorie (si pensi alle giovani coppie, ad esempio) che sono intenzionate ad acquistare la prima casa.
La legittima aspirazione all’”abitare” non può essere la causa di nuove forme di indebitamento e di povertà. Così come non è ammissibile, come alternativa, l’espulsione degli abitanti della Capitale verso la sua periferia residenziale, con i fenomeni di disagio e marginalizzazione ad essa connessi. Il diritto alla casa è il presupposto necessario e indispensabile per essere cittadini, per avere una città equa, sviluppata in modo omogeneo, inclusiva e quindi sicura.